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Israele tra leva obbligatoria e guerra a Gaza: tensioni interne e pressioni internazionali

Israele tra leva obbligatoria e guerra a Gaza: tensioni interne e pressioni internazionali

Israele tra leva obbligatoria e guerra a Gaza: tensioni interne e pressioni internazionali

“Guerra” sui quotidiani haredi: la protesta contro la leva

«Guerra». È la parola a caratteri cubitali apparsa giovedì mattina sulla prima pagina di Yated Ne’eman, quotidiano di riferimento del mondo haredi (ultra-ortodosso). Il titolo-monito arriva dopo una serie di azioni di polizia contro studenti di yeshiva che rifiutano la coscrizione obbligatoria. Il giornale accusa la procuratrice generale di voler “perseguitare” chi obietta al servizio militare e di innescare uno scontro frontale fra Stato e comunità religiosa.
Secondo Israel National News, dietro la scelta lessicale si nasconde il timore che il nuovo disegno di legge sulla leva—da anni al centro di un acceso dibattito—possa porre fine alle esenzioni finora garantite agli ultra-ortodossi.

Il dilemma di Netanyahu: concludere o estendere la guerra a Gaza?

Sul fronte esterno, un editoriale del Jerusalem Post avverte il primo ministro Benjamin Netanyahu: prolungare il conflitto a Gaza rischia di peggiorare la crisi umanitaria, fornendo a Hamas nuova propaganda e spingendo la comunità internazionale a bollare Israele come potenza occupante.
L’articolo insiste su tre punti:

  1. Un’occupazione prolungata alimenterebbe la resistenza armata e isolerebbe Tel Aviv.
  2. La priorità dovrebbe essere il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
  3. Solo una strategia d’uscita chiara può preservare la sicurezza israeliana senza minare il consenso internazionale.

Hashmonaim Brigade: berretto e Torah

In controtendenza con le tensioni sulla leva, l’IDF celebra l’ingresso di nuovi soldati haredi. I militari della brigata Hashmonaim—unità che coniuga osservanza religiosa e addestramento combattente—hanno ricevuto i berrét at the Kotel dopo due settimane di training culminate in una marcia di 55 km sulle colline di Gerusalemme.
Per l’esercito si tratta di un messaggio simbolico: integrare gli ultra-ortodossi senza rinunciare alla disciplina militare. Per la leadership rabbinica, invece, il tema resta divisivo, come dimostra il titolo di Yated Ne’eman.

Uno scenario complesso

Le notizie delle ultime ore fotografano un Paese che affronta simultaneamente:

Come spesso accade in Israele, questioni di difesa e identità religiosa si intrecciano, rendendo ogni scelta politica un delicato esercizio di equilibrio.


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