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Medio Oriente in fiamme: Israele tra pressioni internazionali, ostaggi e nuove minacce regionali

Medio Oriente in fiamme: Israele tra pressioni internazionali, ostaggi e nuove minacce regionali

Pressioni a Washington per la liberazione degli ostaggi

Cresce l’impazienza delle famiglie degli oltre cento ostaggi ancora nelle mani di Hamas. Sabato sera, decine di parenti – accompagnati da attivisti e da alcuni degli ex ostaggi rilasciati – si sono radunati davanti all’ambasciata statunitense a Gerusalemme con lo slogan «This is the time» (“È questo il momento”) per chiedere a Washington di incrementare la pressione su Israele e Hamas e sbloccare l’accordo di scambio.
Ruby Chen, padre del sergente Itay Chen, ha affermato: «Gli Stati Uniti detengono la chiave per spostare l’equilibrio. Solo loro possono convincere entrambe le parti a chiudere l’intesa e riportare i nostri cari a casa» (Israel National News, 19 luglio 2025).

Nuova ondata di droni su siti energetici in Iraq

Mentre a Gerusalemme si chiede un’azione diplomatica, a poche centinaia di chilometri di distanza si alza ulteriormente la tensione regionale. Secondo un’analisi del Jerusalem Post, milizie filoiraniane hanno colpito negli ultimi giorni impianti petroliferi e siti energetici nel Kurdistan iracheno con una serie di attacchi condotti da droni. Baghdad sostiene di aver «lanciato un’operazione di vasta portata» per individuare e neutralizzare i responsabili.
Il timore, evidenziano gli analisti, è che le infrastrutture energetiche – cruciali anche per l’approvvigionamento israeliano – diventino il nuovo fronte di pressione da parte dell’Iran e dei suoi proxy contro gli interessi occidentali e di Israele nella regione (Jerusalem Post, 19 luglio 2025).

Siria: tregua fragile nonostante la mediazione USA

La terza linea di crisi riguarda il sud della Siria, dove il cessate-il-fuoco negoziato dagli Stati Uniti tra milizie druse e forze governative resta estremamente precario. Nella provincia di Sweida, infatti, diverse tribù beduine si sono mobilitate e scontri sporadici continuano a minare il fragile equilibrio.
Gli osservatori israeliani temono che un’escalation possa riaprire il fronte siriano sul Golan, allentando al contempo la pressione internazionale su Hamas e Hezbollah (Jerusalem Post, 19 luglio 2025).

Analisi: intreccio di crisi, sfida per la diplomazia israeliana

  1. La protesta delle famiglie degli ostaggi rafforza la necessità per il governo Netanyahu di mostrare progressi concreti sul dossier Gaza.
  2. Gli attacchi ai giacimenti iracheni dimostrano la capacità delle milizie filoiraniane di colpire interessi energetici strategici, un campanello d’allarme per l’economia israeliana e per gli alleati occidentali.
  3. L’instabilità siriana complica il quadro: un fallimento della tregua potrebbe aprire un nuovo fronte e disperdere gli sforzi diplomatici statunitensi nella regione.

Di fronte a questo mosaico di crisi, Israele deve muoversi su più scacchiere: intensificare i negoziati sugli ostaggi, coordinarsi con Washington per contenere l’Iran e monitorare con attenzione l’evoluzione in Siria. In un Medio Oriente in continua ebollizione, la diplomazia resta lo strumento più efficace per evitare che i diversi focolai si trasformino in un incendio fuori controllo.


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